Violenza di genere: un seminario all'Università di Bologna

Valeria Paola Babini

“Io so questo: che chi pretende la libertà, poi non sa cosa farsene. Penso perciò che gli studenti dovrebbero lottare
non per pretendere dall’autorità l’attuazione di diritti – o, per lo meno, non solo per questo – ma per pretendere
da se stessi di essere la parte più importante, reale, dell’opinione pubblica”.

Pier Paolo Pasolini

 




Il primo passo
Sono qui, in questo primo Convegno nazionale sulla violenza contro le donne, per raccontare l’ esperienza del Seminario che è stato istituito, a partire dall'a.a. 2013-2014, dal Corso di Laurea in Filosofia dell’Università di Bologna e che sarà riproposto quest'anno per il terzo anno consecutivo. Il termine Seminario potrebbe trarre in inganno, anche se è quello istituzionalmente corretto. Di fatto si tratta di un corso curriculare: 30 ore di lezione a cui corrispondono 6 CFU. Pur a scelta con l'attività di tirocinio, il Seminario ha visto la partecipazione costante di circa 150 studenti di Filosofia, ai quali si sono aggiunti studenti di altri corsi di laurea e un numero cospicuo di cittadini non iscritti all'Università, per una presenza media totale di 200 persone a incontro. Cercherò di illustrarne il senso e la portata, tracciandone brevemente la storia.
           
Com’è nata l’idea di istituire un Seminario dedicato alla violenza di genere nell’Università?
Alla fine del 2010, quando ero membro del Comitato pari Opportunità dell’Ateneo di Bologna, proposi (anzi: misi come condizione dell’accettazione della mia candidatura nel Comitato) di occuparci della questione della violenza di genere coinvolgendo in modo particolare gli iscritti, dunque i giovani. Questo coinvolgimento non era scontato in quanto nello statuto del Comitato si faceva riferimento al personale dell’università ma non agli studenti. Trovammo tuttavia la strada per giungere a loro lanciando un concorso letterario (sempre attraente) il cui slogan recitava: “Unibo contro la violenza di genere. Trova una storia…o scrivila tu”. Il concorso, aperto a tutto l’Ateneo (amministrativi, docenti, studentesse e studenti), ebbe una risposta alta soprattutto da parte dei giovani e, dato interessante, a pari numero tra maschi e femmine.  Decidemmo così di dar voce a questa partecipazione attraverso una pubblicazione a stampa che rimanesse come testimonianza di quanto i giovani dell’Ateneo di Bologna pensavano, scrivevano, immaginavano della violenza di genere. Nel 2013 uscì il volume Contro la violenza sulle donne. Voci dall’Ateneo di Bologna presso l’editore Pendragon di Bologna. Il volume fu presentato sia nelle librerie Coop della città di Bologna sia nella Scuola di Lettere e Filosofia con lettura di brani da parte di due attori: Marinella Manicardi e Ivano Marescotti che ci offrirono generosamente la loro presenza.
           
I volti della violenza sulle donne che emergevano dai racconti e dalle poesie erano davvero tanti e diversi, dai più atroci e violenti ai più subdoli e (raffinati): colti dentro la famiglia, nei rapporti di lavoro, ma anche nelle pieghe del desiderio d’amore più apparentemente innocente. Proprio la presenza nei testi dell’ampio ventaglio di violenze che colpiscono le donne senza distinzione di età, cultura, etnia testimoniava che i giovani sapevano raccontare la violenza sulle donne e ne conoscevano l’ampia declinazione ma non ne conoscevano presumibilmente le cause , le radici. L’indignazione – questa la mia riflessione – è sufficiente ad arrestare il fenomeno, anche in noi stessi?  Non era necessario far fare un passo in più e far capire ai giovani che la conoscenza o meglio le domande che chiedono spiegazioni, che a loro volta muovono e producono conoscenze, possano costituire un momento di autoeducazione, di crescita personale che sempre si accompagna a un'autentica ricerca di conoscenza sull’essere umano e il suo comportamento?


La motivazione alla istituzione del Seminario

L’istituzione del Seminario La violenza contro le donne è stato il secondo passo. La sua realizzazione è stata possibile quando alla direzione  del Corso di Laurea in Filosofia è stata eletta una collega, Annarita Angelini, sensibile come me a questa problematica e alla cultura dei diritti umani. Abbiamo subito lavorato, insieme a una giovanissima Alice Graziadei tutor del Seminario, alla riuscita del progetto: impresa non facile in una Università ancora chiusa alle problematiche della vita  e ancor di più a Filosofia dove la riflessione sull’umano raramente si concentra sugli aspetti della vita quotidiana e reale. Si trattava di rompere questa barriera e ovviamente per farlo occorreva riconoscere la portata di conoscenza che ci poteva venire da quante e quanti sul fenomeno della violenza contro le donne s’impegnano ….
Anzitutto siamo partite dalla convinzione che l’università non debba rimanere solamente un luogo di trasmissione delle conoscenze, ma essere anche momento e strumento di formazione dei cittadini, di cui è parte integrante la cultura del rispetto e dei diritti umani, così chiaramente sanciti dalla nostra Costituzione. Per questo ci è parso indispensabile per il nostro Seminario aprire l’università alla cittadinanza, nonché riavvicinare  la filosofia ai problemi della  vita reale.
È in questi precisi termini che abbiamo presentato il Corso agli studenti: palesemente restii all’argomento (e qui si coglie, rispecchiato in loro, il divorzio tra filosofia e vita che caratterizza gli studi universitari) per giunta offerto come quasi obbligatorio (unico Seminario per il terzo anno di Filosofia in alternativa al tirocinio). Abbiamo dunque ribadito la decisione di  includere nel loro percorso curriculare la formazione della persona come base su cui si potrà saldamente erigere la preparazione più squisitamente scientifica che l’Università è chiamata a dare loro.

Il metodo
Ciò che più ha caratterizzato e caratterizza il Seminario (giunto oggi alla sua terza edizione) è l’approccio multidisciplinare da cui si è deciso di guardare al fenomeno della violenza sulle donne. Personalmente nel corso della mia carriera universitaria ho svolto studi di storia della psichiatria, dell'antropologia, della psicologia e di storia delle donne, prestando particolare attenzione al legame tra scienza, cultura e società. Il tema della diversità è stato il filo rosso che mi ha guidato e sostenuto nel mio lavoro di ricerca storica. Folli, criminali, handicappati, donne, così come le scienze dell'uomo nel corso dei secoli diciannovesimo e ventesimo li hanno definiti e separati dagli altri: è stato questo l'oggetto privilegiato della maggior parte dei mie libri e dei lavori scientifici . Non deve stupire che io abbia sentito di dover svolgere  un “servizio” organizzando  il Seminario sulla violenza contro le donne - servizio  che mi ha imposto una scelta metodologica che va nella linea di quello che considero il modo più corretto per affrontare/spiegare/comprendere i comportamenti umani: la multidisciplinarità. Le 15 lezioni che hanno costituito il Seminario in questi anni sono state tenute da studiosi di scienze umane, intellettuali, operatori del settore che hanno portato punti di vista, rigore scientifico, competenze, esperienze concrete: sollecitazioni al pensiero critico. In questo caso parlerei di multidisciplinarità in vivo, che si realizza nell’incontro e nello scambio tra competenze scientifiche universitarie e saperi radicati e cresciuti nell’esperienza di chi,  sul territorio, si è impegnato concretamente a contrastare la violenza sulle donne: ma anche scambio e frequentazione reciproca in cui ognuno conserva la propria competenza (e dunque identità professionale), pronta, tuttavia, ad arricchirsi di nuove sfumature e soprattutto di dialogo.

 Obiettivi del Corso
La scelta metodologica di una multidisciplinarità,  pur sempre calata in un imprescindibile quadro di riferimento teorico-politico, mi ha implicitamente aiutato anche nella messa a punto di una strategia pratica che ho avuto a cuore fin dall'inizio: offrire ai giovani studenti l’occasione di trovare tra le molte prospettive presentate nel Seminario qualcosa che più di qualcos’altro colpisca la loro sensibilità e li “agganci”  alla problematica in questione e che, buttato il seme, resti dentro di loro a crescere e a richiedere nuove e ulteriori informazioni e riflessioni.  Di particolare interesse sono state per gli studenti proprio le lezioni offerte da operatori dei centri anti-violenza insieme a studiosi che con loro collaborano da tempo: perché capaci di offrire testimonianze, di aprire prospettive teoriche nuove, di smuovere stereotipi, di sollevare dubbi.
Nel corso delle lezioni e nella scelta degli interventi ci siamo preoccupate di richiamare l’attenzione sul fatto che, al di là della responsabilità individuale, dietro i gravi episodi di violenza che vengono spesso vissuti come “normali” all’interno della sfera dei comportamenti privati si percepisce l’eredità di una cultura ancora patriarcale o le cui sfumature vanno analizzate in profondità (penso alle relazioni di potere nella coppia e nella famiglia). Pur trovandoci in un corso di laurea in Filosofia abbiamo dovuto insistere e correggere una vulgata sul femminismo che certo non fa onore all’università italiana. E' stato necessario “insegnare” che il dibattito e l’analisi della violenza sulle donne si sono inseriti in un processo di trasformazione complessiva della società e della sensibilità collettiva che è partito dagli anni Sessanta e Settanta del Novecento e in cui il ruolo dei femminismi, e in particolare il loro contributo teorico, è stato decisivo per la creazione di un contesto sociale in cui l’attenzione, la sensibilità, la denuncia per le violenze subite dalle donne hanno spinto a cercarne i motivi, le cause, ma anche le radici  culturali e storiche.

Successo.
Il  successo ottenuto con la prima edizione del Seminario, dove l’Università si è aperta alla città ma – va detto – anche la città o meglio i saperi cresciuti sul territorio (fuori dal ristretto ambito universitario) ci hanno consentito di affrontare l’argomento con adeguata competenza;  gli articoli apparsi su quotidiani, settimanali, giornali femminili, tg regionali; la registrazione delle lezioni offerta in video sul sito del corso di laurea, ma soprattutto il fatto che ciò succedesse all’università ha dato alla tematica della violenza sulle donne  una visibilità ulteriore. Insomma l’Università, arrivata senz’altro tardi ma finalmente arrivata, è stata uno strumento di richiamo e valorizzazione della gravità e urgenza del fenomeno. 
In questo senso, già con la seconda edizione del Seminario (anno 2014-2015) si è pensato di rafforzare questo legame con l’esterno presentando una serie di iniziative da realizzare fuori dalle aule universitarie. La prima di queste iniziativa è stata la promozione di un Cineforum serale dal titolo Eros e (in) civiltà, svoltosi presso la Cineteca della città di Bologna, dove cittadinanza e studenti (questi ultimi gratuitamente) hanno potuto ripercorrere, attraverso la cinematografia, passaggi importanti della storia dei costumi e della sessualità in Italia.
Sempre dal Seminario, e più in particolare da una idea della tutor Alice Graziadei, è partito il progetto di una serata di spettacolo (musica e danza) nel teatro Duse di Bologna (offerto dal Comune di Bologna), che, mettendo insieme tutte le realtà bolognesi attive sul territorio nell’opera di contrasto alla violenza sulle donne (Associazione Orlando, Cento di documentazione delle donne di Bologna, Casa delle donne per non subire violenza - ONLUS, UDI Emilia Romagna, Ufficio Pari opportunità e tutela delle differenze del Comune di Bologna), riuscisse a coinvolgere la città intera. Così è stato: allo spettacolo intitolato “Cambiamo musica! Insieme contro la violenza sulle donne” hanno partecipato 900 persone e i proventi (6000 euro) sono stati devoluti alla Casa delle donne per non subire violenza di Bologna. Questo evento culturale ha, da un lato, realizzato l’obiettivo di mettere l’Università in rete con le realtà da tempo attive nel territorio bolognese, creando una sinergia di forze di cui si è fatto bandiera e sigillo il titolo stesso della serata, dall'altro  sollecitato, promosso e sostenuto l’impegno e le capacità organizzative di giovani donne. Abbiamo da poco appreso che su questa esperienza è stata discussa una tesi a Pisa.

Questionario/Test di controllo.

Nella seconda edizione abbiamo anche sottoposto, all’inizio e alla fine delle 15 lezioni, un questionario (non valutativo) messo a punto dalla collega Prof.ssa Saveria Capecchi, dove è stato possibile riscontrare un certo miglioramento nelle risposte relative agli stereotipi di genere (una loro diminuzione) e un aumento della considerazione del ruolo dei rapporti di potere nella relazione d’amore e dunque anche nei casi di violenza. Altri dati tuttavia restano appena modificati: persiste ancora, per esempio, la percezione di una certa incidenza dei problemi psichici e dell’abuso di alcool e droga (prospettiva peraltro non affrontata direttamente nel corso), così come resta la convinzione che insultarsi reciprocamente e controllare l’altro per gelosia non siano atti violenti. Interessante anche le differenze evidenziate tra maschi e femmine là dove i maschi tendono a pretendere dalla loro partner di non vedersi con altri maschi, mentre le ragazze tendono a controllare le mail dei partner.  
Consola che nella parte finale con domanda aperta molti abbiano espresso gradimento per l’iniziativa del Seminario - nota importante in quanto all’inizio era alta la diffidenza.

Diffusione e circolazione dell’esperienza.

Parallelamente al Seminario abbiamo deciso di realizzare con pochissimi fondi messi a disposizione dall’allora Rettore dell’Ateneo di Bologna prof. Ivano Dionigi, dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna, e da Annarita Angelini ed io,  un film-documentario  affidato alla regia di Germano Maccioni (regista affermato e pluripremiato nel campo dei docu-film) che condivida il progetto culturale complessivo dell’iniziativa presa dal Corso di Laurea in filosofia di Bologna. La convinzione è che attraverso l’espressione estetica del cinema e la portata comunicativa del linguaggio cinematografico, il film possa raggiungere un pubblico più vasto e dare vita a riflessioni sulla questione della violenza contro le donne anche in persone che non ne avvertono la complessità e l'articolazione. Documentando una sorta di “dietro le quinte” del Seminario attraverso interviste agli studenti, ai relatori, agli organizzatori in modo da censire non solo opinioni, ma anche riflessioni, conflitti, contraddizioni, in ordine alle problematiche affrontate, il film Di genere umano dovrebbe far giungere a un pubblico sempre più vasto non una spiegazione unica, non un’unica formula, ma una pluralità di punti di vista, di riflessioni, anche di dubbi, che tuttavia, al di là dello sgomento di fronte all’orrore della violenza sulle donne, riflettano l’impegno concreto a capire, e, attraverso la comprensione, a rendere sempre più vigili le nostre coscienze.
Presentato in anteprima il 25 novembre, in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, alla Cineteca di Bologna nell’ambito delle attività del decimo Festival La violenza illustrata, promosso dalla Casa delle donne per non subire violenza di Bologna, ha visto la partecipazione di una platea di 200 persone. Nella realizzazione di questo film, che vorremmo potesse circolare oltre i confini della università e della città di Bologna, mi ha guidato l'opinione che una reale parità tra donne e uomini sarà raggiunta solo quando a tale parità, completata giuridicamente e socialmente, corrisponderà anche la convinzione radicata nelle coscienze di donne e uomini che libertà e autonomia sono “di genere umano”.

 

3- aprile -2016